Dlin Dlon ……..la linea 1 è momentaneamente interrotta per un tentativo di suicidio. I passeggeri sono pregati di non manifestare il loro disappunto e dedicare un minuto di silenzio per una delle tante vittime della solitudine.
ATM secondo le recenti disposizione di legge sull’ antiprivacy, messe in atto per contrastare l’anonimato in cui versa la nostra triste società ed in vista di EXPO 2015 il cui tema sarà il NUTRIMENTO DEL PIANETA E L’ECOLOGIA DELL’AMORE, comunica i dati del suicidante :
donna (un tempo carina simpatica e di compagnia)
54 anni
divorziata
2 figli
ex innamorata di un bastardo che ha compiuto nel lontano 2008 una strage nel suo cuore
dipendente comunale di infimo livello
reddito minimo / diritto al bonus di 80 euro
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ATM invita tutti i passeggeri a scusarla per il disagio creato e mette delle navette a disposizione affinché possano proseguire nella loro quieta esistenza, così, come se niente fosse.
ATM al fine di evitare il ripetersi di queste situazioni invita tutti gli aspiranti suicidi ad una grande festa che si terrà presso la LINEA ROSA EXPO 2015.

ATM
Fare per fermare il declino

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BM
Grillo parlante ha colpito ancora.
Deborah mi aveva guardato con occhietti più rotondi del solito, dolci e innocenti.
Mi aveva sorriso e mi aveva preso la mano. Era il suo modo di dirmi grazie. Ero commossa. “Grazie, mamma”. Volevo dire qualcosa, capire bene di cosa mi stesse ringraziando, ma non riuscivo a parlare. Con il pollice e l’anulare toccava i bordi del grosso fiore di ceramica che sovrastava il mio anello.
“Vedi come spicca bene questo colore neutro, cos’è?, un ciclamino chiaro?… sul rosso della tovaglia? Un giorno non tanto lontano me ne farò fare uno così da Bulgari, in oro smaltato con al centro un grosso diamante intagliato ad Amsterdam. Naturalmente a BIEMME non piacerà. Lo troverà volgare, all’inizio. Ma poi gli dirò di osservare il contrasto tra l’anello di Bulgari, ispirato a quello della mamma, e la tovaglia Marras, ricamata a mano da artigiane cinesi naturalizzate sarde. A quadretti bianchi e rossi, simili a quelle che piacciono a te, ma ispirata alle tovaglie di carta che si trovano “Dar Filettaro”, la trattoria romana di Campo dei Fiori, famosa per il baccalà fritto e per la recensione del Financial Times. Insomma, pura antropologia culturale. Riesci a immaginare la faccia di BIEMME? Sarà commosso, proprio come te in questo momento. Non sei commossa, mamma?”
Provai a concentrarmi. Guardavo mia figlia. Era lei? Era mia figlia? Bella della bellezza della gioventù in pieno fiore. Con quella faccia ovale e il sorriso aperto sembrava un’emoticon, una di quelle faccine che si usano per i messaggi. Mi piaci, faccina sorridente. La pelle chiara, delicata, vulnerabile ai mensili attacchi ormonali. I capelli biondi tinti, giornalmente sottoposti alla tortura della spazzola e del phone. Il corpo pigro e tondo ma ben modellato. I suoi 22 anni così diversi ma per tanti aspetti uguali a quelli che erano passati su di me, tanti anni fa. “Sei stata giovane anche tu, mia adorata Rosa” (mia adorata Rosa, non so se mi adoro, ma spesso è così che mi rivolgo a me stessa). Per tornare all’argomento principale (ogni tanto mi distraggo) non capivo di cosa avrei dovuto commuovermi. I momenti di commozione che ricordo si presentavano come un’insubordinazione, una perdita di controllo sul mio stato emotivo, come se un fulmine penetrasse in me saltando due o tre strati di carne per andare a bruciare all’interno, nel nocciolo duro della matrioska. Grillo Parlante, quello stronzo, mi sottopose anni fa ad un esame di coscienza, una specie di lavanda gastrica. Da allora non ho finito di contare il numero delle bambole che separano l’interfaccia dal nocciolo duro, ma l’emozione, è sicuro, arriva fin lì. Sconquassa il nocciolo duro con una scossa elettrica. Richiamai alla memoria quei momenti. Le recite dei miei figli. Chissà perché mi veniva voglia di piangere anche se si trattava di rappresentazioni allegre. Mi ero commossa di fronte allo smarrimento ed alla fragilità di Robertino, il mio ex marito, alla gioia manifestata da mio suocero quando teneva in braccio mio figlio, agli occhi azzurri sgranati e sognanti di mio padre, alla domanda di Deborah “mamma è vero che non mi lascerai mai?”, alla mano gracile di mia nonna che era tornata bambina, alla morte del mio cane, alla raccolta della verdura nell’orto in compagnia del mio amore, al pianto dirotto straziante urlante del mio amore quando morì sua sorella, alla trasformazione del corpo della mia migliore amica, invecchiato di 30 anni nell’arco di una settimana a causa della malattia, alle miserie che incontravo sulla strada, agli abbandoni che avevo subito. Sapevo che se mi fossi soffermata a ricordare avrei scoperto un’infinità di momenti di commozione sempre legati alla pietà, alla condivisione di un dolore, all’immedesimazione. Nello stato di commozione la mia umanità troppo spesso inerte si risvegliava e voleva trovare un’espressione che quasi sempre non trovava altra espressione che quella di un rigagnolo di lacrime. Ma ora, mi chiedevo, di cosa dovrei commuovermi? Del desiderio di mia figlia di avere un anello simile a quello di Bulgari che era simile al mio?? Non capivo. E poi, di cosa avrebbe dovuto commuoversi quel timido ragazzo schiavo dei sentimenti che provava verso Deborah?
“Scusa Deborah, avrai quell’anello, forse. Se lo desideri tanto. Ma davvero non capisco. Parli di commozione. Ma un po’ dovresti conoscermi. Le cose che mi commuovono non sono queste”.
Deborah abbassa la testa, ritrae le mani, si alza in piedi, mi volta le spalle.
Io resto seduta lì dov’ero. Improvvisamente mi sento rigida e fredda.
Vedo Deborah che trae dalla tasca lo smartphone. Comincia a digitare qualcosa, poi si ferma di scatto: “Già, mi sa che non puoi capire”. Ricomincia subito a scrivere, con velocità pazzesca, un messaggino che sembra interminabile. Il rumore dei tasti, che sento picchiare come se si trovassero sulle ossa del mio cranio, si confonde con quella che sembra una sdridula risata.
La mia domenica è iniziata male, dovrò trovare un modo per reagire.
Guardo la mia tazza di caffè. Ormai sarà freddo. Decido di lasciarla lì e di prepararmene un’altra. Ho bisogno di caffè caldo.

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Cara Deborah,
da oggi ho una nuova compagna. Sei tu. Chi può capirmi meglio? Siamo nate insieme e da allora non ci siamo mai separate. Però non mi rendevo conto di quanto tu sia importante per me. Ogni tanto ti perdevo di vista. Facevo male, naturalmente. Tu mi vuoi bene, su di te posso contare.
La gente pensa che io sia superficiale perché ho la faccia rotonda, gli occhi rotondi e non ho ancora preso il diploma. Non bamboleggio ma ho il visino da bambola. Pensino il cazzo che vogliono.
Ti scrivo da un posto in mezzo alla nebbia e non è facile. Anche se per fortuna c’è Facebook, Whatsapp e compagnia cantante, come direbbe mia madre.
Noi due non abbiamo bisogno di molte parole per capirci. Basta qualche appunto per mantenere la traccia e chiarirsi le idee. Non voglio avere le idee confuse. Quelle le lascio a mia madre.
Per andare al sodo: sposerò Christian? Avremo un bambino? Non lo escludo, ma per un mese o due voglio continuare a prendere i contraccettivi. Qualunque sia la decisione, ricordati che ti voglio bene e che di sicuro non ti tradirò per il bene di un uomo, di un Bimbo Minchia o di un bambino del cazzo.
Un abbraccio forte. Ci sentiamo presto.
Tua
Deborah

Nel tardo pomeriggio me la vedo arrivare. Ha lasciato Christian. Non le dava abbastanza amore. Così dice lei. Cazzo, possibile io che stia diventando cinica? Comunque adesso è uscita con Alberica e mi sa che anche stasera non la vedo. Però dormirà a casa.
Anche stavolta non divento nonna. Però forse sto cambiando. Le altre volte confrontavo Deborah con me, il suo bisogno di amore con il mio. Avrei tentato inutilmente di scansare i pensieri negativi sul conoscente, avrei pensato a com’era bello fare all’amore (io dico ancora così), avrei cercato di applicarmi a qualcosa (una torta di mele, un tiramisù) con la televisione accesa, ripetendo inutili mantra (poesie, tabelline) e finendo solo per peggiorare la situazione.
Stavolta niente. Ho pensato: che bello, allora andremo insieme a Budapest a trovare Marcolino, ci troveremo un fidanzato (due fidanzati) ungherese (due ungheresi) e avrò un nipote biondissimo, perfetto per Temptation Island, sempre che non voglia fare l’antropologo. Per un paio di mesi mi tocca risparmiare e cercare due biglietti low cost. Niente cinema, niente Salumeria della Musica. Un sabato sì e uno no potrei andare a mangiare da Renato, che tanto si è scocciato di farsi comprare le pere da zia Abelarda (Hipster Befana).

( https://paperossi.wordpress.com/2015/01/14/hipster-befana/ )
Cara Deborah,

credo che mamma abbia ripreso a chattare. Credo anzi che abbia trovato un fidanzato virtuale che vorrebbe diventasse reale. Un Vero Amore. A Budapest. Così con la scusa di andare a trovare Marcolino lo va a conoscere. Sarà un disastro, tanto per cambiare. Ma almeno così sfanga altri due mesi portando avanti pensieri romantici. Mi ha anche proposto di accompagnarla a Budapest. Questa cosa non l’ho tanto capita.
Ah, dimenticavo di dirti che ho lasciato Christian. Poco male. Non sapeva scopare e non era abbastanza ricco. A Budapest sono ricchi? Di solito no, ma ragazzi belli e danarosi se ne troveranno anche lì.
Deborah …. sei figa! Ti voglio tanto tanto bene. Davvero! Un bacio. Tua

Deborah

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