
Forse non so bene dov’è via Larga. Nella mia mente è quel palazzone che si trova in una specie di piazzale, più che altro uno sterrato, subito dopo l’Arcivescovado. Larga, ma non esattamente una via. Cosa forse dovuta ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Uscendo dall’ufficio al crepuscolo, mi trovai in una via stretta che portava a una fantastica abside romanica. Percepivo per la prima volta questa possibilità: la bellezza a Milano.
***
Le nostre interpretazioni delle cose (di Milano, per esempio) sfumano fra i due poli di una gamma. Le voci di dentro, ora fioche ora urlanti, fanno sì che ci fissiamo su una data visione: la nostra realtà.
*** * ***
La notte prima della prova di italiano all’esame di maturità, mi addormentai in preda all’angoscia.
Un’angocia che non dipendeva, credo, dall’esame.
I miei avevano litigato fino a tardi. Le loro voci concitate divennero la mia voce che urlava nel sonno.
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Adesso quando urlo nel sonno c’è sempre qualcuno che mi abbraccia.
Mia madre urlava, urlava. Urla ancora, urlerà sempre. Il suo grido non ha trovato risposta.
Come l’urlo di Munch e l’urlo di Porcu, si è propagato all’infinito, in cerchi concentrici: URLO UNIVERSALE.
Mio padre non urlava così. Il suo più che un urlo era uno strillo. Uno strillone: possente e concitato, teatralmente falso.
Insomma: l’urlo e lo strillo non si incontravano. Il treno che correva su quel binario si è fermato nei miei sogni, nella mia anima bombardata, nel palazzone di via Larga, da dove parte una via stretta che porta a un’abside fantastica che mi abbraccia nel crepuscolo: “Stai tranquillo, è tutto a posto, ci sono io”.

1 commento
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gennaio 15, 2014 a 7:43 PM
Grace
Generally I don’t read article on blogs, but I would like to say that this write-up very pressured me to check out and do so! Your writing taste has been amazed me. Thank you, quite nice article.